In qualità di Project Manager del Padiglione della Repubblica Ceca - opera del duo di architetti Chybìk+Kristof - ci descrive come è stato coinvolto in questo progetto e come lo ha gestito?
Il Commissario Generale della
Repubblica Ceca, Jiří F. Potužník, aveva bisogno di un tecnico italiano –
possibilmente architetto – con buona conoscenza dell'inglese, che fosse in
grado di fare da interfaccia fra il team ceco ed EXPO. Il console ceco a Milano,
che conosco da tempo e con cui sono legato da grande stima reciproca,
conoscendo i miei trascorsi internazionali – ho lavorato per diversi anni come
architetto e capo-progetto in Olanda – mi ha perciò segnalato al commissario,
insieme all'arch. Francesca Aletti, specialista in architettura degli interni.
La gestione del padiglione è stata una collaborazione fra Francesca e me, con
Francesca a gestire la situazione in ufficio ed io maggiormente “sul campo”,
nelle riunioni con il team di lavoro (Commissariato Generale, progettisti,
ingegneri, costruttore, imprese) ed EXPO. Nella fase cantieristica, poi, ho
rivestito anche il ruolo di “Technical Supervisor”, figura professionale
incaricata di gestire il funzionamento del cantiere insieme al direttore-lavori
e al capo-cantiere, e responsabile dei rapporti con il personale di cantiere
EXPO.
Il progetto per il Padiglione si avvale di moduli Koma che prevedono un
sistema di costruzione progressivo. Ci spiega in cosa consiste il sistema
costruttivo adottato?
L'azienda KOMA ha sviluppato un sistema costruttivo modulare
estremamente avanzato, che ci ha permesso di concludere il padiglione per
primi: l'assemblaggio dei moduli è stato terminato in sole tre settimane. Ogni
modulo, della dimensione di 9x3x3 metri e consistente in due impalcati e 4
montanti in acciaio, è stato prodotto in Repubblica Ceca nella fabbrica modello
della KOMA, assemblato per controllare tutte le corrispondenze, smontato,
impacchettato e spedito a Milano su camion di media grandezza. Una volta arrivato
in situ, ogni modulo è stato ri-assemblato (operazione che richiede circa 30
minuti), e quindi sollevato con un'autogru nella sua posizione definitiva.
I
vari moduli, che sono autoportanti, sono resi solidali fra loro tramite
l'utilizzo di staffe e bulloni di acciaio, quindi rivestiti in cartongesso per
renderli resistenti al fuoco. Tutto il padiglione è modulare, tranne i plinti
di fondazione – gettati in opera – e l'impalcato in acciaio del piano terra,
realizzato per KOMA da una carpenteria piemontese. I moduli esterni sono stati poi tamponati con pannelli in acciaio
coibentato oppure con grandi serramenti vetrati.
L’acqua è un elemento molto caro alla Repubblica Ceca, il Paese infatti
annovera un numero significativo di centri benessere e piscine, probabilmente
da collegarsi all’ irrealizzabile sogno di avere un mare. Il
progetto del Padiglione è partito dal tema “acqua” concretizzatosi nella
realizzazione della significativa zona piscina oppure i progettisti hanno dato
avvio al progetto partendo da altro?
L'acqua è in effetti al centro di
EXPO Repubblica Ceca, sia per quanto riguarda l'architettura, sia per i
contenuti delle mostre. Senz'altro in Repubblica Ceca c'è una grande tradizione
nella costruzione di grandi piscine pubbliche, forse proprio per sopperire alla
mancanza del mare: in epoca sovietica era molto difficile per i cechi andare al
mare in Polonia o in Germania dell'Est, figurarsi arrivare a vedere il
Mediterraneo! In questo caso, però, l'elemento acqua è stato preso perché è alla
base della vita, è il vero e principale “nutrimento” della Terra; la Repubblica
Ceca è all'avanguardia nella purificazione dell'acqua tramite nanotecnologie:
acqua pura a basso prezzo significa vita in molte aree del globo.
Inoltre,
l'acqua è anche sostenibilità ambientale, è raffrescamento naturale: i
progettisti hanno voluto disegnare una grande vasca proprio per aiutare i
visitatori a fronteggiare il caldo estivo milanese. Inizialmente, questa vasca
doveva essere una vera piscina; poi, a causa dei regolamenti di igiene e di
alcuni fattori di sicurezza, la piscina si è trasformata in una vasca con pochi
centimetri d'acqua, ma pur sempre apprezzata dal pubblico che vuole
rinfrescarsi i piedi dopo una giornata passata all'EXPO!
Il Padiglione presenta all’ interno 3 macro aree : la Fantasy and Fairy Tale
Land,
l’area dedicata al Laboratory of Life e una terza porzione chiamata
Ideal Land. Quali sono le attività che è possibile svolgere all’ interno di
queste aree da parte dei visitatori?
Il
“fil-rouge” che collega le diverse mostre del Padiglione è rappresentato dalla
scultura che troneggia all'ingresso: un'automobile che, lanciata a tutta
velocità, si trasforma in uccello. Natura e tecnologia, uomo e animale,
elemento artificiale e elemento naturale: la Repubblica Ceca ci vuole insegnare
che questi termini non sono contraddittori, ma che anzi possono lavorare in
sinergia per garantire al pianeta un futuro migliore. Così nella prima area, i
“Laboratory of Silence”, viene ricreata in modo artificiale una tipica porzione
di foresta del Centro-Europa: il sottobosco è stato piantato ai primi di
aprile, e continuerà a svilupparsi fino alla fine dell'esposizione, anche se in
un interno, tenuto in vita da un vero laboratorio.
Il visitatore “silenzioso”
viene accompagnato nella scoperta del sottobosco, delle forme vegetali più
minute e della biologia attraverso schermi, riprese, filmati. Nel “Laboratory
of Life” sono invece esposte una serie di sculture, di cui alcune cinetiche,
che trattano il tema delle nanotecnologie, della scienza applicata
all'alimentazione e alla purificazione dell'acqua: arte, scienza, spettacolo
vengono offerti ai visitatori in un racconto che si snoda fino al giardino sul
tetto, dal quale si gode una meravigliosa vista sul Palazzo dei Congressi, sul
Padiglione Zero e sul Decumano. Infine, nella sezione “Land of Stories and
Fantasy”, la Repubblica Ceca si offre in tutta la sua bellezza, coi suoi
castelli, le sue città, i suoi colli e le sue foreste. Al piano terra non si
può poi dimenticare il bar, dove è possibile assaggiare la famosissima Pilsner
ceca, la madre di tutte le birre!
Alla
fine di EXPO 2015 il padiglione vivrà vita nuova con una funzione diversa,
diventerà un nuovo asilo modulare per la Repubblica Ceca . Quali sono le
strategie da adottare per progettare una struttura che in futuro verrà
rifunzionalizzata?
La trasformazione del padiglione in
asilo è solo una delle proposte che sono in studio al momento; altre
possibilità sono che diventi un museo a Praga, una scuola in Repubblica Ceca,
la sede di un'azienda e anche un ospedale in Senegal, opzione quest'ultima
studiata dal Politecnico di Milano e dalla FENCO (Federazione dei Consoli in
Italia) all'interno di un progetto in corso di realizzazione della LifeNet
Onlus. Questa versatilità è resa possibile grazie alla modularità del
padiglione, alla sua capacità di disassemblaggio, trasporto e assemblaggio,
alla leggerezza delle strutture e alla facilità di posa degli impianti.
Inoltre, le partizioni esterne dell'edificio, tutte modulari – grandi
finestrature o pannelli in acciaio coibentato – possono essere interscambiate,
così da garantire la migliore illuminazione anche in una futura configurazione.
Quali sono state le scelte
sostenibili adottate nel progetto del padiglione?
Il primo fattore è proprio quello del
metodo costruttivo, che minimizza i costi – anche ambientali – e i tempi di
costruzione. La costruzione a secco consente un risparmio di energia e di acqua
non indifferente. La leggerezza dei moduli ha permesso inoltre di minimizzare
le opere di fondazione: a differenza di tanti padiglioni che sono stati
impostati su grandi platee in calcestruzzo armato, riducendo drasticamente la
permeabilità del terreno e aumentando in modo esponenziale i costi – e i volumi
– di smaltimento e rinaturalizzazione dell'area, il padiglione ceco si poggia
invece su pochi plinti facilmente removibili a fine evento. La sua futura
riconversione in edificio di servizio minimizza i costi di smaltimento e ne
allunga il ciclo di vita, che per molti padiglioni sarà estremamente effimera.
E' ormai assodato che una vera analisi di impatto ambientale si deve basare sul
“cradle-to-cradle”, cioè sulla vita di un manufatto da quando viene creato a
quando viene distrutto/riciclato/trasformato: il padiglione ceco permetto un
riciclaggio quasi integrale, con costi di smontaggio, trasporto e rimontaggio
estremamente contenuti. Un secondo elemento è il disegno architettonico
previsto da Chybik+Kristof: la presenza della piscina e il grande vuoto
centrale con lo scalone di accesso e distribuzione consentono di ottenere un
buon effetto camino “rinfrescato”, mentre le lamelle che rivestono il
padiglione ombreggiano opportunamente i locali interni. L'apporto di aria
condizionata è quindi ridotto drasticamente, con grande beneficio ambientale.
Il tetto verde, con graminacee, fiori e aromatiche, oltre a migliorare la
terrazza dal punto di vista visivo, genera un micro-clima più fresco e
contribuisce a rinfrescare i locali dell'ultimo piano. Infine, a livello
impiantistico, non si sono dimenticati i pannelli per l'acqua calda sanitaria e
i pannelli fotovoltaici ad alta efficienza.
In che modo architetti urbanisti e
designer possono partecipare alla costruzione di un futuro equo e sostenibile?
Gli architetti, e con loro gli
urbanisti, i designer e – non dimentichiamoli, perché sono forse coloro che
maggiormente creano manufatti con grande impatto sul territorio – gli
ingegneri, hanno una grande responsabilità. C'è una striscia satirica di
Calvin&Hobbes che mostro spesso ai miei studenti di Architettura e
Architettura Ambientale al Politecnico: presenta Calvin che gioca con le
costruzioni, e che intanto immagina di essere un dio pantocreatore, un demiurgo
crudele che genera un mondo per gli uomini che però richiede sacrificio e che
genera disperazione e morte nei suoi abitanti; nell'ultima vignetta si vedono i
genitori di Calvin che, fieri delle costruzioni del figlio, scommettono che da
grande diventerà un architetto... L'architetto forse non è così “potente” da
poter essere considerato un demiurgo nelle cui mani si trova il destino degli
abitanti; ciononostante, sono convinto che un approccio più “umano” e più
attento alle dinamiche ambientali possano essere di grande aiuto allo sviluppo
sostenibile del pianeta, e anche ad una crescita della disciplina
architettonica.
Quale sarà l’eredità che verrà
lasciata da Expo 2015?
La domanda è tutt'altro che semplice.
Se EXPO sarà soltanto un evento fine a se stesso, un grande luna-park
gastronomico della durata di sei mesi, allora l'eredità sarà pressoché nulla.
Se invece riuscirà ad essere un evento che parla di nutrizione, di persone, di
ambiente, di sostenibilità, e le cui tematiche diverranno patrimonio culturale
comune, allora si potrà considerare un grande successo. Per quanto riguarda
l'eredità per Milano, sono molto curioso di scoprire come verrà
rifunzionalizzata l'area: è assolutamente incredibile che, arrivati a luglio
2015, cioè a tre mesi dalla chiusura dell'evento, la situazione sia ancora così
indefinita.
Da architetto milanese, mi auguro che l'area possa diventare una
zona della città dove l'elemento urbano e quello naturale si incontrino e
collaborino in modo virtuoso, dove le tematiche di EXPO restino sottotraccia,
mostrando che un futuro sostenibile è possibile e anche bello: insomma, una
piccola EXPO che rimane in eredità a Milano, come fu nel secolo scorso il Parco
Sempione, la Fiera Campionaria e, per quanto riguarda la Triennale, il QT8.
Intervista a cura di Romina Muccio
Nicolò Riva | (Aosta, 1977) si laurea col massimo dei voti in Architettura presso il
Politecnico di Milano nel 2002. Dal 2010, dopo aver conseguito il titolo di
Dottore di Ricerca in Architettura degli Interni, insegna Composizione
Architettonica e Architettura degli Interni come Professore a Contratto presso
la stessa università.
Dopo
un’esperienza di lavoro in Olanda presso Mecanoo Architecten (2002-2009), dove
si occupa di grandi opere (teatri, musei, stazioni, complessi residenziali e
terziari), ritorna a Milano per lavorare da libero professionista, ottenendo
premi in diversi concorsi internazionali. Dal 2014 è manager e technical
supervisor per il Padiglione della Repubblica Ceca ad EXPO2015. Nel 2015 è
nominato architetto responsabile per FE.N.CO (Federazione dei Consoli in
Italia) in un progetto di riconversione di alcuni padiglioni nazionali EXPO in
centro di accoglienza ospedaliero in Senegal.
Nicolò Riva, architect PhD
sito personale www.rbpaa.it
EXPO Rep Ceca
www.czexpo.com
costruttore www.koma-modular.cz
architetto
www.chybik-kristof.com
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