Ho iniziato a seguire Amor Vacui un paio di anni fa: la modernità del loro progetto, il loro lavoro di promozione dell'architettura così nuovo mi è talmente piaciuto che non mi sono neanche chiesta di dove fossero questi ragazzi.
Scoprire le loro origini campane ed il fatto che abbiano studiato qui a Napoli è stata una piacevole sorpresa per me che sono una campanilista neanche tanto velata. E confesso che i primi invitati come relatori al ciclo di incontri FramMenti Differenti sono stati loro: ero davvero troppo curiosa di conoscerli e congratularmi per le loro idee! Eccovi dunque una breve intervista fatta via web tra Salerno, Genova e Roma: vi invito a seguirli attraverso il sito e la pagina Facebook.
Maria Leone
Scoprire le loro origini campane ed il fatto che abbiano studiato qui a Napoli è stata una piacevole sorpresa per me che sono una campanilista neanche tanto velata. E confesso che i primi invitati come relatori al ciclo di incontri FramMenti Differenti sono stati loro: ero davvero troppo curiosa di conoscerli e congratularmi per le loro idee! Eccovi dunque una breve intervista fatta via web tra Salerno, Genova e Roma: vi invito a seguirli attraverso il sito e la pagina Facebook.
Maria Leone
Perché Amor Vacui / Pretesti di Architettura?
ANTONIO: Credo che Amor Vacui sia un nome sentimentale,
un'aspirazione condivisa ma forse un po' vaga che poi si precisa nel cuore e
nella mente in modo un po' diverso per ciascuno di noi: per me è il desiderio
di riuscire a concentrarsi su poche cose importanti, sia nel momento in cui si
producono, sia nel momento in cui si
fruiscono (si leggono, si guardano, si
ascoltano). Una pausa – un vuoto
– nel fluire un po' insensato a cui ci costringono le attuali modalità di
lavoro intellettuale. Pretesto mi pare una parola molto interessante, è
ciò che viene prima del testo (la ricerca, l'approfondimento, la
preparazione spesso maniacale) ma è anche sfruttare ogni occasione
possibile - come pretesto appunto – per
fermarsi, riflettere, pensare, criticare, porre domande.
ROSA: Se il nome Amor Vacui è stato subito
condiviso da tutti, più difficile è stata l’ideazione di un segno grafico che
potesse rappresentare le nostre intenzioni. Cercavamo una immagine chiara ma anche
evocativa in grado di raccontare l’immaterialità del pensiero critico e, nello
stesso tempo, la realtà fisica dell’architettura. In una lunga notte di studio,
per puro caso, le opere del pittore americano Franz Kline hanno ispirato il
logo di Amor Vacui: una forma pura che, seppur sospesa, è in relazione costante
con una pesante linea di terra.
OTTAVIA: In breve, Amor Vacui- amore per il vuoto- rappresenta l’amore per l’ideale tensione fra mondo reale e mondo delle idee. È un punto di partenza dal quale analizzare evoluzioni e visioni possibili.
Prima di essere Amor Vacui chi o cosa eravate? Quando e da cosa è
nata l’idea di formare un gruppo di lavoro?
OTTAVIA: Innanzitutto eravamo studenti di architettura. Amor Vacui
nasce di fatto da un incontro e dalla volontà di formalizzare un'esigenza
comune intravista nei confronti che nascevano spontaneamente tra di noi.
ANTONIO: L'idea direi che è nata – e si è consolidata - insieme alla
nostra amicizia. Amor Vacui, ante litteram, erano già le discussioni che
si accendevano tra noi al Seminario di
Camerino al quale ci siamo incontrati per la prima volta, di fronte ad una
birra o ad un caffè. Aggiungo che personalmente sono molto propenso al lavoro
collettivo, lo trovo particolarmente adatto all'architettura (e storicamente
connaturato ad essa) oltre che al mio carattere, alle mie capacità e ai miei limiti.
Oltre ad Amor Vacui faccio parte di altri due collettivi legati
all'architettura.
Trailer per NIB ARCTEC 2013 presso
l’ex Tabacchificio di Pontecagnano
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Come si fa oggi a distinguere una buona architettura da una “meno
buona”? Cos’è secondo voi la “qualità”
in architettura?
ANTONIO: Ho dei dubbi che si possa davvero distinguere una buona
architettura da una meno buona, soprattutto oggi (oggi=post-modernità
globalizzata), perlomeno non in modo assoluto; occorre di volta in volta
scegliere dei parametri, dei punti di vista, degli orizzonti di senso e saperli
poi mettere in discussione e abbandonare. Sono invece fermamente convinto che
si possa distinguere tra l'architettura e la non-architettura: la discriminante
è la volontà di collocare un significato nella pura attività costruttiva,
rimandare ad un altrove, spiegare, interrogare, provocare, far sognare.
CLAUDIA: Un’ottima idea progettuale è il
primo passo per la realizzazione di
un’architettura di qualità. Non è semplice capire le dinamiche attraverso le
quali un’architettura viene vissuta e non c’è dubbio che osservarla con gli
occhi di chi la vive o la vivrà conduce ad una lettura autentica delle
potenzialità di un luogo. Credo, quindi, che
non si possa prescindere da tali intuizioni e, probabilmente, le
architetture di minor qualità sono quelle che hanno trascurato o perso di vista
la percezione umana e quotidiana dello spazio.
OTTAVIA: La buona architettura dovrebbe essere contemporaneamente
conforme ai principi della morale, essere capace di dar piacere ed essere propizia.
Banalmente ciò che è buono dovrebbe far del bene, apparire desiderabile. Il buono si manifesta come fine ultimo di un iter che non
riguarda esclusivamente l'architetto e l'architettura in sé, proprio perché l'architettura non è
fatta per sé, ma per un contesto, per altri.
Quali caratteristiche deve avere un progetto di comunicazione per
l’architettura?
ANTONIO: Avere qualcosa da dire:
scegliere in modo intelligente nodi
concettuali, persone interessanti, storie particolarmente significative. Dirlo
in modo chiaro, essere semplici ma non banali, complessi ma non
complicati, prendere posizione in modo
netto quando serve.
OTTAVIA: Deve essere semplice nel linguaggio perché deve
avere la capacità di coinvolgere ed incuriosire anche e soprattutto chi non
conosce l'architettura. Deve rendere chiari quei concetti e quegli aspetti che
spesso fanno in modo che di architettura se ne parli solo fra architetti.
Inoltre deve rispondere alle modalità comunicative attuali ed essere fruibile
attraverso mezzi semplici ed accessibili a molti.
CLAUDIA: Chiarezza, coerenza e originalità. Quando ti accorgi che
le persone riescono a sentirsi partecipi e a condividere una suggestione o un
pensiero, allora puoi avere un primo riscontro dell’efficacia del tuo progetto.
Trailer per NIB ARCTEC 2013 presso la Stazione Marittima di Zaha Hadid a Salerno |
Quali sono i percorsi intellettuali e creativi che seguite per
sviluppare il progetto?
MARZIO:
Nonostante facciano parte di un unico filone d’indagine, ogni progetto mira
a essere compiuto in sé, mostrando una propria dignità. Non è possibile quindi
descrivere un “metodo” univoco. Quello che posso dire è che tutto parte dalla
volontà di raccontare qualcosa, spesso semplice e apparentemente scontata, che
stimoli una riflessione nei nostri interlocutori. È per questo che spesso
cerchiamo di stimolare un’interazione attraverso l’utilizzo di strumenti propri
del gioco. Tutto questo può apparire poco sofisticato ma lancia un messaggio
estremamente concreto e, soprattutto, comprensibile. In assenza di questo
sforzo di semplificazione, finiremmo inevitabilmente col cadere nella trappola
dell’autoreferenzialità intellettuale.
CLAUDIA: Ad un
approccio progettuale più tradizionale affianchiamo quindi l’uso di strumenti
derivanti dalla tradizione della “pianificazione partecipata”: sondaggi,
inchieste e interviste, raccolti sul campo e raccontati in prima persona dai cittadini,
immancabile fonte di ispirazione. L’idea di progetto viene poi continuamente
messa in discussione, studiata, scomposta, decontestualizzata e poi ancora
ricostruita sulla base di nuove riflessioni. È un processo ciclico che, a
volte, sembra non abbia mai fine…
OTTAVIA: Ogni progetto è un'occasione per documentarsi, per scoprire valori. Studiamo tanto,
discutiamo tanto, spesso litighiamo. Banalmente cerchiamo un'idea e la
perseguiamo con coerenza.
Quali sono i prossimi progetti di Amor Vacui / Pretesti di
Architettura?MARZIO: Attualmente siamo impegnatissimi!
Abbiamo appena preso parte a “Personali Urbani”, una rassegna fotografica
organizzata a Salerno dallo studio Project 2.0, dove abbiamo presentato in
anteprima la video installazione NEWPOLIS, un progetto video che
riflette in modo ironico e inedito sulle città di New York e Napoli.
ROSA: I prossimi progetti ci vedranno
impegnati su entrambi i fronti su cui Amor Vacui ha deciso di lavorare: il
progetto culturale e il progetto di architettura. Devo aggiungere che è gratificante
vedere che, a meno di due anni dalla apertura sul web di www.amorvacui.org e a
meno di uno dalla nascita dello studio, siamo invitati sempre più spesso a
presentare in pubblico il progetto Amor Vacui. Questi inviti ci lusingano e divertono
molto, ma soprattutto questi eventi ci aiutano a definire di volta in volta il
senso di quello che stiamo realizzando, in che modo vogliamo condividerlo e perché
può essere utile agli altri. Uno dei prossimi appuntamenti è la partecipazione
al XXIV Seminario Internazionale e Premio di Architettura e Cultura Urbana di
Camerino (31 luglio- 4 agosto 2014). Siamo stati invitati sia come relatori che
come tutor dei laboratori. Sarà emozionante tornare a Camerino e stare “dall’altra
parte”. Non vediamo l’ora di confrontarci con i partecipanti al premio e di
aiutarli a riflettere su potenzialità e debolezze dei loro progetti.
MARZIO: Oltre a questo stiamo già lavorando
alle nostre prossime iniziative culturali, stavolta di respiro nazionale, che
ci vedranno impegnati in nuove stimolanti collaborazioni. Il nostro obiettivo,
in fondo, è sempre stato questo: generare una rete di eccellenze attraverso la
condivisione di esperienze di crescita.
Marzio Di Pace – Antonio Lavarello – Claudia Palumbo – Rosa Sessa
– Ottavia Starace
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